1 luglio

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vuoto /’vwɔto/ (ant. o pop. voto) [lat. volg. ✻vocĭtus, da vacĭtus, part. pass. di un verbo ✻vacēre “vuotare”, con la stessa radice di vacuus “vacuo, vuoto”]. – ■ agg. 1.[privo di contenuto, che non contiene nulla: un vaso v.; una stanza v.] ≈ (lett.) vacuo. ↔ colmo, pieno. ↑ pieno come un uovo, stracolmo, zeppo.

 

 

vuotocosmico-deserto-spoglio-vacante-sterile-carente-disabitato-assente-vacuo-mancante-svuotato-piatto-insignificante-inconsistente-privo-senza contenuto

30 giugno – L’anno in cui ho creduto nell’amore

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“Ciao Giulia,
non c’è niente che non ti abbia già augurato di cuore, ed evito aforismi filosofici goggleati per l’occasione.
Fai buon viaggio domani, e che possa essere solo il primo passo di un’avventura più grande.
Resterai sempre nei miei pensieri,
ciao”

“Ciao a te,
ho già lasciato Modena da un po’. Avrei preferito salutarti, ma dovremo accontentarci di un semplice sms. Era meglio quanto la tecnologia non agevolava determinate cose!
Mi mancherai… Inutile dire altro, credo…
O forse dovrei dire altro…
Ci siamo allontanati troppo, dovevamo vederci e non hai voluto.
Adesso non so cosa dirti. Di non smettere mai di essere quello che sei… Ti penso… Non dimenticherò mai le cose che mi hai insegnato e sinceramente mi fa troppa rabbia che ci siamo persi così.
Ma ho imparato a rispettarti e a rispettarmi.
Possiamo chiamarlo sbaglio, o l’evento più bello che ci sia capitato… Ma ne è valsa la pena.”

“Giulia mi hai insegnato che la vita può riservare grandi sorprese. Mi hai convinto a togliere la parola “mai” dal vocabolario, quindi sono sereno. Non ti ho vista partire, ma per me non lo sei affatto. Ti penso ogni giorno più del precedente, senza farmene una malattia, ma solo con tanto affetto e un po’ di dispiacere.
So che ti rivedrò un giorno e forse sarà prima di quanto possa sperare.
Vivrò al meglio i miei giorni in attesa di quel momento. I tempi saranno maturati e forse riuscirò finalmente a ridere con te di quel pazzo 2013.
L’anno in cui ho creduto nell’amore.
Ti mando un bacio,
non parlare troppo spagnolo e conserva il nostro orologio.
Ciao Giulia…”

24 giugno – Le stelle resistono

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Meno 6.
Mancano sei giorni e non ti penso neanche tanto, dopotutto.
Considera che ti ho conosciuta da un anno, che non ti vedo da marzo, che non ti sento da venti giorni, quando ho rifiutato il tuo invito a cena dicendoti che preferivo evitarti.

Se hai deciso va bene così… Non posso forzare… Ma a questo punto trovo anche inutile vederci prima che parto. Così evitiamo anche addii.”

Detto fatto. Non ti sento da allora. Nel senso di un tuo messaggio, della tua voce, delle tue mani. Quello non sento da allora.
Il resto, il resto lo sento anche fin troppo bene.

Mi cammini sotto pelle la mattina negli ultimi minuti di sonno arruffato, nei sogni appannati dalla luce della finestra. E anche la notte, quando rientro a casa e mi fermo a guardare le stelle.
Ti sento in quell’album di canzoni diventate tue, nostre.
Ti sento nell’odore del tabacco, in un Negroni Sbagliato.

Le stelle resistono. Il cielo non è caduto.

Me lo ripeto ogni sera, guardandole prima di rientrare in casa.
Tra sei giorni parti per sempre, eppure domani il sole nascerà con lo stesso sorriso di ieri.
Mentendo a tutti.
Consapevole della differenza, di ciò che è cambiato.
Tra le pieghe della mia fronte, dietro lo specchio dei miei occhi.

Si, mancano sei giorni e non ti penso neanche tanto, dopotutto.

29 marzo – Oltre la porta

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«Ci vediamo stasera?»
Me lo chiedi da settimane Giulia. Io ti snobbo con qualche scusa poco credibile e senza preoccuparmi troppo di come ti tratto.
Ma non stasera.
Ti raggiungo in birreria che è già tardi e quando mi fai l’elenco delle cose che hai bevuto, fatico a crederci.
Prendiamo una cosa entrambi e iniziamo a chiacchierare.

A parti invertite.
Io tanto arrogante e sicuro di me rispetto all’anno scorso. Ti provoco. Resto serio, tagliente, ti trafiggo con lo sguardo e ti sfido.
Il retaggio, ecco cos’è. Il retaggio del tuo giro sulla mia vita.
Tu invece sembri piccola stasera, indifesa, vittima delle mie brame. Ti muovi tra le mie dita e ti strofini come un gatto mentre rientriamo verso casa tua.

Oggi il mio cuore batte lento, controllato, vigile. Non abbasso lo sguardo nemmeno un minuto.
Ti chiama lui a due passi da casa.
Sei mesi dopo il nostro addio ti sento finalmente parlare la sua lingua con padronanza e ricordo che presto partirai per sempre.
«Il trenta giugno lavoro qui, mentre il primo luglio abiterò già là.»
«Sai Giulia che non ci rivedremo mai più? Si, perché se anche la vostra storia dovesse mai finire, tu non torneresti qui, ma dalla tua famiglia, in Sardegna.
Sai che non ci rivedremo mai più?»

Voglio metterti alla prova e strofino il mio viso sul tuo, senza baciarti. Voglio misurare la tua forza, dopo l’impegno che hai messo per allontanarti in ogni modo da me.
Voglio il tuo rifiuto, voglio la verità.

«Baciami.» Sussurri.

Mi stacco, faccio due passi indietro e ti punto contro le mani aperte: «Ferma! Ferma così Giulia! Fotografo questo istante. Ho dovuto aspettare nove mesi, ma finalmente sta succedendo.
Per la prima volta sei tu a chiedere, me.»

Ti bacio e quasi ci spogliamo per strada.
Mi accosto al tuo orecchio e ti sussurro piano «Ricordi quella sera di agosto? Quando mi convincesti ad entrare solo un istante oltre il portone di casa tua?»
Questa volta sarò io a farlo. Come fosse l’ultima tappa di questo viaggio nell’oblio, un percorso che mi ha trasformato e mi ha fatto diventare un po’ più… te.
Ti afferro e ti tiro dentro. Chiudo la porta con un calcio e ti blocco le mani al muro, nel buio del corridoio.
Mi dici che hai paura «Ho paura di partire, ho paura di quello che succederà. Ho paura dell’effetto che mi fai ogni volta e so che con te avrei le certezze che non trovo in lui. E invece ti perderò per sempre.»
I tuoi pantaloni scivolano e la tua pelle scotta come il fuoco. Non sai se ridere o piangere, ma io so bene come andrà.

Pochi istanti più tardi piangi disperata.
Mi ricordi che hai sempre fatto l’amore con me maledicendoti appena qualche minuto dopo.
Mi guardi con gli occhi ammollo nei tuoi errori e dici «Prometti che non mi dimenticherai mai. Puoi odiarmi, ma prometti di non cancellarmi.»
«Giulia te lo prometto, ma prometti anche tu una cosa.
Da oggi e per sempre, non piangerai mai più per me. Mai più.
Addio Giulia.»

Un amico amava ripetere

Citazione

Un amico amava ripetere che al mondo esistono solo due tipi di persone: quelle che dalle difficoltà della vita ne escono più forti e quelle che non ce la fanno e si lasciano andare.
Io credo che esista anche un terzo tipo di persone: quelle che si abituano alle difficoltà, diventandone dipendenti e cercandone sempre di nuove per provare l’ebrezza di sentirsi davvero vive.

Mai stato

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Ciao,
Spenderò solo poche righe, queste poche righe per dirti che tutto quello che mi hai detto, tutti i sentimenti provati sono stati ricambiati e lo saranno sempre…
Certe fortune nella vita non vanno dimenticate… Sei riuscito a strapparmi sorrisi… A farmi piangere dopo il primo bacio… E a sapermi sopportare con i miei sbalzi d’umore!
Tu eri lì, il destino ha voluto farci incontrare! Adesso rimarrà dentro di noi quella sensazione che difficilmente si sente e che solo tu hai avuto il coraggio di associare ad una semplice parola: AMORE.
Io sono un po’ meno coraggiosa di te ma non cancellarmi, fai solo addormentare questo sogno che abbiamo vissuto e risveglialo quando ti sentirai solo, quando avrai bisogno di sorridere.
Sembro molto forte, ma per adesso sono come vetro e devo cercare di non rompermi.
Condividiamo un segreto, questo segreto siamo noi. Portami con cura così magari mi sentirò meno sola quando ti penserò. Ti augurerò e regalerò piccoli gesti quotidiani.
Forse un giorno condivideremo la parola Noi o forse ci toccherà gioire solo delle nostre vite e di quello che siamo riusciti a costruire.
Sei unico!
Giulia

No. Questo non è il bel finale strappa lacrime che ci saremmo potuti dare.
Era il ventidue ottobre quando mi hai scritto questa lettera, dopo uno dei nostri numerosi addii.

Oggi mi sento sazio di uno strano senso di conclusione, a volte credo quasi di stare già bene, di sentirmi sereno per qualche istante.
Tra poco partirai e non ci rivedremo più. Dopo il nostro incontro dell’altra sera hai lasciato la compagnia. Dici che non vuoi più uscire con noi, che non vuoi vedermi, non vuoi sapere come sto, cosa faccio. Che non mi vuoi nella tua vita perché hai capito che avevo ragione quando ti dicevo che non saremmo potuti essere amici spingendo semplicemente un pulsante.
Non lo siamo mai stati nemmeno la prima sera. Eravamo così, due calamite nello spazio, due braccia a testa per stringersi il più forte possibile.
Ci siamo scambiati sangue e anime come se in passato fossimo appartenuti allo stesso corpo e poi separati.
Altro che amicizia.

Dopo questo mese di silenzi, durante il quale vi siete scambiati le promesse e sei ricomparsa con un anello al dito, resterà solo questa storia, rovesciata tra le pagine come l’acqua di un temporale estivo. Uno di quelli corti, violenti. Capace di distruggere tutto in pochi minuti e poi sparire.

Mi hai dedicato una poesia una volta.
Resterà questo amaro di te, un senso di incompiuto, di mai stato.

“C’era una stella sola e limpida nel cielo color di rose, un battello lanciò un addio sconsolato, e sentii in gola il nodo gordiano di tutti gli amori che avrebbero potuto essere e non erano stati.”

Gabriel García Márquez

Altri due calici dello stesso, per favore

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Così mi trovo ad aspettare sotto casa tua dopo un mese di trincea.
Che poi non è stata una trincea, più una cella di isolamento forse. Mi sono nascosto, ti ho evitato, non ti ho scritto. Mi sono fatto così piccolo che per arrivare alla credenza dove mamma nasconde i biscotti sono dovuto salire su una sedia, come da bambino.
Zero sonno, zero fame, a parte tanta cioccolata e quelle benedette tisane rilassanti, tante sigarette, che se me lo avessero detto qualche mese fa, da super sportivo allergico al fumo, non ci avrei creduto mai. Molte lacrime, troppe per uomo, anche per uno un po’ troppo emotivo come me.
Ho giocato tanto con Gordon, l’ultimo cane arrivato nella mia famiglia allargata. Ho scritto, ho scritto tanto. Trasformerò il mio diario in un libro, solo che non è così facile come sembra.
Ho guardato troppi telefilm, lavorato poco e male e stato di pessima compagnia per quegli amici ancora ignari di tutto.

Però adesso sono qui, sotto casa tua che ti aspetto dopo aver deciso di vederci e uscire a bere qualcosa. Sì, perché tu partirai per il tuo mese in Spagna tra pochi giorni, ma sei rimasta sconvolta quando hai scoperto che al tuo ritorno partirò io. Mi trasferisco per un mese, lontano, alla ricerca di quella risposta a cui prima o poi arrivano tutti quelli che lo fanno: che scappare non è la soluzione ai problemi.
Dovrò provare, per capirlo.

«Me lo avresti detto se non lo avessi scoperto?»
«Forse no Giulia, forse sarei semplicemente partito.»
«Mi hai fatto venire la pelle d’oca, sono rimasta sconvolta da questa notizia»

Ci sediamo dentro perché fuori si congela. Ti togli la sciarpa, il cappello e i guanti. E me lo trovo lì, in bella vista, che mi luccica negli occhi in tutta la sua autenticità.

«Bell’anello Giulia. È nuovo?»
«Sì, è nuovo.»

Bella idea del cazzo uscirci, è nuova? Sì, è nuova pure quella.
Poi a pochi centimetri vedo un altro oggetto luccicare, è il mio orologio. Mi dici che lo porti sempre. Che tutti ti chiedono chi te l’ha regalato.
Che modo straordinariamente efficace di immortalare l’ambiguità di tutta la nostra storia in un’immagine. Lui al dito e io al polso.

«Allora Giulia, raccontami un po’ di questo mese…»

Quello che non ho detto

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Quello che non ho detto di Giulia:

  • il suo vero nome,
  • la sua età,
  • le storie che mi ha raccontato del suo passato,
  • la sua poca autostima
  • la sua abitudine di ripetermi i miei difetti
  • la sua rabbia quando oggi mi ha detto che l’ho trattata come neanche il suo peggior nemico, perché l’ho tolta da Facebook per non leggere quelle sue frasi dolorose e vedere regolarmente le sue foto felici con lui,
  • la sua rabbia quando oggi mi ha detto che l’ho trattata come neanche il suo peggior nemico, perché mi rifiuto ancora di uscire con gli amici se so che c’è lei. Inutile spiegarle.
  • Ha aggiunto che non ci vedremo mai più e che troverà il modo di farmi riavere l’orologio.

Si cambia pagina, si cambia storia, si cambia blog.

Attimi di te

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Non so il resto, ma penso che almeno questo forse lo ricorderai.

Ad ottobre il freddo era già arrivato e ho questo ricordo vivo, bellissimo, di tu ed io in casa infreddoliti che ci leviamo le scarpe e corriamo in camera da letto.
Ci buttiamo frettolosamente sotto le coperte, rabbrividendo, tirandocele fin sopra la testa e nascondendoci sotto, come due bambini impauriti dal buio.
Ci stringiamo con le braccia e le gambe incrociate una all’altro. Fronte contro fronte, ridendo e tremando per il freddo.
Ho provato una sensazione quasi fraterna, come tra due amici d’infanzia, due anime ingenue che si scambiano energie che passano dalla pelle, senza il bisogno di spiegarsi nulla.

E’ l’attimo che fa capire quando il legame ha raggiunto quella complicità che non sempre ho provato in passato. E ti senti al sicuro, coperto, parte di qualcosa di esclusivo. E il cuore ti scalda le mani e ti senti così felice, ma anche tanto impaurito che quel momento possa perdersi.

Credo che ognuno di noi ne conservi qualcuno nel cuore.
Piccoli attimi da consumare nelle notti di solitudine, con il cuscino al tuo posto, dove fingo che il letto, dopotutto, non sia poi tanto vuoto e freddo.

Fase due: distruggendo Giulia

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Vivo sulle colline modenesi a circa venti chilometri dal centro città.
Dalla finestra della cucina riesco a vedere la Ghirlandina lontana e luminosa, che si staglia tra le case.
In questi mesi la guardavo spesso pensando a te. Ricordando che vivi lì a due passi e di come la vedevamo piegarsi la notte del nostro primo appuntamento, correndo verso casa a piedi nudi.

Ora vorrei non averla sempre davanti. Lì a dirmi che non ci sei più e che non ci sarai.
A ricordare il modo in cui sono finite le cose, tra la mia ingenuità e i tuoi sensi di colpa. Tra le cose fatte con l’intenzione, ma mai con la ragione.
Perché ho sempre avuto una scelta, certo. Questo mi rende colpevole e responsabile delle cose quanto te. Ma certi sentimenti non li si comanda, per quanto la ragione e la testa mi evidenziassero costantemente il rischio, la posta in gioco.
O forse si. Forse li si comanda. Forse tu ci riesci.
Perché se a quel maledetto compleanno di sabato non hai voluto farmi sapere se saresti andata o no, lo hai fatto di proposito. E l’ho capito quando sei arrivata con lui. Come se avessi progettato un colpo di scena, un gesto che ferisce più di mille parole e che faccio ancora fatica a comprendere.

La fase della rabbia però non rovinerà questo racconto. Farò come dici tu, farò l’uomo. Non dirò nulla, resterò qui, immobile a guardare.
Distruggendo Giulia è quel mostro appena nato che adesso un po’ alla volta consumerà il mio sentimento, ma non il tuo ricordo. Quello resterà protetto qui, tra le pagine, come mi ero promesso all’inizio.

“E se poi Itaca sarà peggio di quanto ci si aspettava, valeva la pena raggiungerla per tutto ciò che si è vissuto per arrivarci.”

Ci tenevi tanto che leggessi questa tua frase oggi. L’ho letta e ne ho cercato il significato.
“[…] il senso di Itaca è proprio quello di fungere da stimolo per il viaggio, più che da meta da raggiungere e fine a se stessa. “Itaca” è un viaggio nel quale non è importante se la meta è poi deludente.”

Alla fine forse resterà solo la mia incapacità di capirti davvero. Tu poi dicevi di non voler essere capita affatto.
Una cosa però che so è che il mio viaggio con te, le mie scelte, le difficoltà che ho affrontato, valevano nella speranza di una meta felice e duratura, non deludente. Hai ragione, non capisco nemmeno questo tuo pensiero, ma nonostante tutto mi auguro che la tua Itaca possa essere il giaciglio che hai sempre cercato, la culla nella quale vorresti adagiarti.
Perché la mia Itaca invece, se mai te lo fossi domandato, è stata data alle fiamme.