Così mi trovo ad aspettare sotto casa tua dopo un mese di trincea.
Che poi non è stata una trincea, più una cella di isolamento forse. Mi sono nascosto, ti ho evitato, non ti ho scritto. Mi sono fatto così piccolo che per arrivare alla credenza dove mamma nasconde i biscotti sono dovuto salire su una sedia, come da bambino.
Zero sonno, zero fame, a parte tanta cioccolata e quelle benedette tisane rilassanti, tante sigarette, che se me lo avessero detto qualche mese fa, da super sportivo allergico al fumo, non ci avrei creduto mai. Molte lacrime, troppe per uomo, anche per uno un po’ troppo emotivo come me.
Ho giocato tanto con Gordon, l’ultimo cane arrivato nella mia famiglia allargata. Ho scritto, ho scritto tanto. Trasformerò il mio diario in un libro, solo che non è così facile come sembra.
Ho guardato troppi telefilm, lavorato poco e male e stato di pessima compagnia per quegli amici ancora ignari di tutto.
Però adesso sono qui, sotto casa tua che ti aspetto dopo aver deciso di vederci e uscire a bere qualcosa. Sì, perché tu partirai per il tuo mese in Spagna tra pochi giorni, ma sei rimasta sconvolta quando hai scoperto che al tuo ritorno partirò io. Mi trasferisco per un mese, lontano, alla ricerca di quella risposta a cui prima o poi arrivano tutti quelli che lo fanno: che scappare non è la soluzione ai problemi.
Dovrò provare, per capirlo.
«Me lo avresti detto se non lo avessi scoperto?»
«Forse no Giulia, forse sarei semplicemente partito.»
«Mi hai fatto venire la pelle d’oca, sono rimasta sconvolta da questa notizia»
Ci sediamo dentro perché fuori si congela. Ti togli la sciarpa, il cappello e i guanti. E me lo trovo lì, in bella vista, che mi luccica negli occhi in tutta la sua autenticità.
«Bell’anello Giulia. È nuovo?»
«Sì, è nuovo.»
Bella idea del cazzo uscirci, è nuova? Sì, è nuova pure quella.
Poi a pochi centimetri vedo un altro oggetto luccicare, è il mio orologio. Mi dici che lo porti sempre. Che tutti ti chiedono chi te l’ha regalato.
Che modo straordinariamente efficace di immortalare l’ambiguità di tutta la nostra storia in un’immagine. Lui al dito e io al polso.
«Allora Giulia, raccontami un po’ di questo mese…»